Le metafore della violenza sessuale nei film Disney

3 Novembre 2019
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3 Novembre 2019 regnodisney

Ci sono due film Disney che illustrano alla perfezione, seppur in maniera metaforica, la violenza sessuale. Scopriamo insieme di quali si tratta e perché è importante rappresentarla sul grande schermo.

La Disney è sempre stata una casa di produzione all’avanguardia per quanto riguarda le tecniche di animazione e i temi trattati nei suoi film. Si è sempre schierata dalla parte delle minoranze: basta nominare un film qualunque (anche fra i più datati) per ricordarsi di un genitore single o vedovo, di un protagonista orfano e tanto altro.
Di recente, due lungometraggi si sono concentrati con delicatezza su una minoranza quasi tabù nella società di oggi: le vittime di stupro.  Le scene che raffigurano questo tipo di violenza narrano gli episodi in modo metaforico, quasi poetico, ma efficace. E, soprattutto, condannando apertamente chi compie questi crimini.
Abbiamo già affrontato il tema della cultura dello stupro in questo articolo, e abbiamo spiegato che la Disney non ha mai condiviso questo modo di pensare – anzi. Ma prendere le distanze da questa mentalità molto spesso non è sufficiente: bisogna prendere una posizione decisa, spiegare chiaramente, più di una volta. Bisogna trattare questa ingiustizia scavando a fondo e stabilire in modo preciso chi è la vittima e chi è il carnefice, chi era fragile e chi si è approfittato della fragilità.
Entriamo nel vivo della tematica svelando i due film in questione.

Primo caso: Maleficent

La straziante scena in cui Malefica scopre di non avere più le ali è la prima in cui la Disney ritrae una metafora della violenza sessuale. Malefica ama Stefano, si fida di lui, ma i suoi sentimenti non sono ricambiati con la stessa purezza: Stefano la addormenta con un sonnifero e, al posto di ucciderla, fa di peggio: le taglia le ali.
Malefica si risveglia sola e incredibilmente vuota. Perde sangue. È stata violata, derubata, ha perso una parte fondamentale del suo corpo. E, come tutte le persone che si accorgono di essere state violate, non può fare altro che abbandonarsi al dolore.
Non solo la metafora è esplicita, illustra anche il modo in cui gran parte degli stupri viene perpetrata: quando la vittima è inconscia, indifesa, addormentata, drogata. Quando, insomma, non è in grado di capire ciò che succede e comportarsi di conseguenza. Dopo aver individuato una simile metafora, è difficile non riflettere davanti a questa scena, che già di per sé ha un impatto emotivo notevole sullo spettatore.

 

Secondo caso: Oceania

La trama di Oceania si basa sul furto del cuore di Te Fiti da parte del semidio Maui. Te Fiti ha il potere di generare la vita, e Maui è convinto che il suo cuore darà anche a lui lo stesso potere. Usando il suo amo, Maui strappa il cuore a Te Fiti per poi scoprire che la piccola pietra, lontana dall’isola, ha perso i suoi poteri.
L’isola comincia a seminare morte in tutte le zone limitrofe e, per di più, il cuore rubato comincia a essere visto come un artefatto prezioso in tutto l’oceano, soprattutto per Te Ka – che condanna Maui a mille anni di solitudine senza il suo amo (e, quindi, senza i suoi poteri).
La metafora qui è più sottile, ma una volta notata è difficile non leggerla fra le righe: il cuore di Te Fiti, capace di generare la vita, è stato preso senza il suo consenso. Ma, soprattutto, il cuore di Te Fiti è una cosa che diventa inutile una volta separata dalla Dea da cui ha avuto origine.
Nel tentativo di riportare il cuore al suo posto, Vaiana scopre che Te Ka non è altro che una “evoluzione” di Te Fiti, ciò che è diventata dopo aver perso il suo cuore. La rabbia, la tristezza e la paura l’hanno trasformata in un mostro di fuoco e lava, un giaciglio di morte al posto di un luogo che genera la vita. Il ricordo e il terrore del momento in cui è stata violata l’hanno consumata. Per mille anni, lei si è considerata semplicemente il posto che prima ospitava il suo cuore. Ma Te Fiti non è solo il suo cuore. Non è il suo cuore rubato a definirla.
Quando Vaiana capisce che Te Ka e Te Fiti sono la stessa creatura, le si rivolge con amore. Con compassione.
La scena  in cui Te Ka riacquista il suo cuore è pregna di una profonda tristezza dovuta a un perdono che è arrivato con grande fatica. Un perdono che è una conquista per tutti, in particolare per la vittima, che viene vista da Vaiana – e per la prima volta –  come una persona tutta intera, non come qualcuno a cui manca una parte del corpo. Questa differenza, questa empatia, è ciò che davvero guarisce Te Fiti.
Il film mostra anche la fragilità dell’ego maschile, l’ego che porta i prepotenti – che non sono soltanto uomini – a violentare, a rubare, ad appropriarsi di tante cose senza aver ricevuto il consenso. E parliamo di prepotenti in generale perché le violenze sessuali sono subite e perpetrate da tutti, uomini e donne, senza distinzioni. La cultura dello stupro, purtroppo, è anche la normalizzazione delle violenze sessuali subite dagli uomini, che spesso vengono sminuite o derise. Questo tipo di violenza (e la mentalità che lo sostiene) è un problema di tutti, nessuno escluso.
Maui, all’inizio, è fragile per colpa dell’ideologia tossica che lo caratterizza e lo distrugge. Il suo machismo è così tossico da non fargli rendere pienamente conto del male che ha fatto a Te Fiti. La Dea e il semidio sono stati danneggiati allo stesso modo (e più o meno con gli stessi effetti) dallo stesso evento. Entrambi sono delle vittime, ma la fragilità di Maui si è trasformata in aggressività, e lui si è trasformato in carnefice. Fortunatamente, l’incontro con Vaiana mette in discussione i suoi modi di fare e le sue idee e, alla fine, riuscirà a chiedere perdono a Te Fiti, ammettendo di non avere scusanti.
In altre parole, Oceania è (fra le altre cose) la storia di una violenza sessuale, di come è stata metabolizzata e di come spesso l’unico modo di uscire dalla spirale del dolore è il perdono.

Perché scene del genere sono importanti?

Perché sentirsi rappresentati da alcuni personaggi è fondamentale; non solo per quanto riguarda quelli con un aspetto e un carattere simili al nostro, e non solo per quanto riguarda i film Disney. In questo caso, è importante che una fetta di pubblico condivida la stessa storia dei personaggi. Perché la rappresentazione, specialmente in un film amato e diffuso in tutto il mondo, aiuta le vittime a sentirsi meno sole.

Queste metafore sono utili per sensibilizzarci a un problema più comune di quanto non pensiamo, a un dolore inimmaginabile. La Disney è capace di farci guardare alle cose con occhi nuovi. Anche a quelle più brutte.

 

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